venerdì, novembre 06, 2015

SILVIO BOTTEGAL - Giuseppe Bottegal


Io sono il nipote e parlare di mio zio e come sfogliare un vecchio libro di memorie "offuscate dalla ruggine del tempo" (come lui soleva dire nelle sue innumerevoli licenze poetiche che io ripeterò di tanto in tanto, chiedendo venia a priori). Ricordare le nostre origini, non spiegherebbe questa strana vena artistica che si trasmette di generazione in generazione.
Il padre Antonio, originario di Lamon o dintorni, scappò di casa a otto anni e girovagando per il mondo riusci a sollevare le miserande condizioni della sua famiglia. Lentamente questo istinto nomade, per inclinazione o per forza di appetito o per inserimento nel mondo di allora, consolidò in quest'uomo tutto di un pezzo il bisogno di crearsi una famiglia. Cosi a trent'anni circa si innamorò di Anna Prezioso, (scusate: nobile Prezioso); una fanciulla cosi piccola rispetto a quell'anione di oltre un metro e ottanta che, uno accanto all'altra, sembravano l'antitesi personificata. Dolce, gentile, poetica e sensibile lei, quanto rude e concreto lui. Per inciso dirò, come raccontò la nonna Annetta, il loro viaggio nuziale. Allora non si usavano grandi viaggi di nozze ma neanche brevi, esclusi naturalmente i grandi signori; il loro primo viaggio fu il trasferimento da una città all'altra con il carro ricolmo di merci (saremo pressapoco nel 1890). In aperta campagna si ruppe un asse del carro sparpagliando il carico sulla strada (a quei tempi non esistevano problemi di ingorghi al traffico! ). Assieme all'aiutante, mio nonno decise allora di recarsi al più vicino paese per aggiustare l'asse rotto, ma non trovando nessuno del mestiere, pensarono di brindare lautamente e a notte fonda tornarono visibilmente euforici dall'intirizzita e spaurita sposina. Ho descritto questo aneddoto per spiegare il carattere del montanaro temprato a tutte le disavventure, certamente ambizioso di unire la sua vita a quella della nobile romantica mia nonna. La loro unione non poteva che partorire figli uno diverso dall'altro: Angelo, frutto del primo incontro amoroso, di una bellezza eccezionale al punto che i sarti di allora se lo contendevano per fargli indossare i loro vestiti; purtroppo, come la sua pienezza e bellezza di vita fu completa, altrettanto fu breve.
Nacque poi Silvio, artista fin dall'infanzia, il prediletto della mamma Annetta. Poi venne Mario, il commerciante nato, scomparso da poco tempo all'età di settantatre anni: dietro la sua maschera inflessibile ad ogni compromesso che non fosse di carattere commerciale, vibrava l'animo sensibile di un uomo che gioiva all'attaccamento dei suoi parenti, gloriandosi di essere l'indiscusso riconosciuto maestro di tutti noi. Per ultimo arrivò mio padre, Adriano: uomo di bontà incommensurabile, alieno al commercio, incline alla conversazione semplice, al buon calice, alla semplicità di lunghe passeggiate in campagna con la bicicletta. Anche mio padre, a 52 anni, fini la sua permanenza in "questa piccola fiera e poi si va via" (licenza poetica non di mio zio, ma di mio nonno). Questa introduzione è indispensabile a spiegare l'ambiente in cui scaturì l'estro poetico e pittorico di mio zio Silvio. Silvio caro, probabilmente io non sono stato il tuo nipote prediletto perché so il bene che tu portavi a mio fratello Guido: poeta ucciso dalla lotta fratricida dopo tormentate vicissitudini, ma ti assicuro che tutto quanto ho potuto fare per tè l'ho fatto. Ora sono qua che volutamente furteggio le ore di sonno per cercare con la mente quanto ho potuto di tè sapere ed apprendere. Si, dico apprendere, perché se pur il tuo disinteresse per il profitto è stato l'antitesi del commercio, è ora mio dovere trasformare quanto hai lasciato, in forma benefica affinchè coloro che verranno, ricordino Silvio Bottegal, artista giovane e disinteressato fino alla morte.
E' di poco tempo la tua scomparsa, anzi mi sembra ieri, perché l'espressione artistica tua mi conforta e mi accompagna aiutandomi a vincere le avversità di una vita acquisita " inabissandomi nei futili guadagni ” Mi è presente la tua volontà nel triste letto della tua fine, di raccomandarmi i pochi soldi racimolati per la tua malattia conclusiva. Dianzi mi dicevi l'assurdità delle tue sofferenze per cosi poca cosa e ti ripromettevi di farti operare anche un cronico nodo al piede: ma purtroppo, caro Silvio, come hai visto è poca cosa il momentaneo benessere se poi le membra sono arrugginite da
lunghi stenti, dolori e sacrifici. Sacrifici si, perché di tutto ti privasti nella vita per il tuo fiero carattere di indipendenza da chiunque, anche dai tuoi ammiratori, ma soprattutto da coloro che di tè e della tua arte volevano trarre fonte di facili guadagni. A proposito, ripenso il giorno che trovai da venderti due quadri e volevi sapere ad ogni costo il nome dell'acquirente certo per rivedere le opere che amavi come tue creature o forse, come altre volte hai fatto, per chiederne il riacquisto.
Caro Silvio, se la tua vita è stata un sacrificio, ti è stata ricompensata dalla
coscienza del valore della tua produzione pittorica e letteraria, che hai offerto per tutta la vita a coloro che hanno saputo e sanno comprenderti. Ti ripetevo fino alla nausea che non ti volevo vestito "distrattamente", anzi più svestito che vestito: ma il tuo testimoniava un carattere, mentre il mio era forse, come tu dicevi, un "carcere borghese" e di questo oggi sono convinto perché il vestito, i tuoi
enormi sandali, la tua bicicletta con le ruote di legno (più elastiche, più morbide, dicevi) erano cose poste al tuo esclusivo servizio, non tu soggetto ad esse!
Veramente ad una analisi nel tempo devo riconoscere la tua coerenza ad ogni costo: anche quando i partigiani ti bastonarono a sangue o ti uccisero Guido in cui avresti cosi amato impersonificare una continuità della tua arte.
Ho raccolto ora i tuoi quadri rimasti in nostro possesso e mi commuove la possibilità di dare alle stampe parte della tua biografia artistica e mostrare presto a Casa Da Noal il diritto che hai acquisito al rispetto dei posteri. Mentre scrivo mi sembra di conversare con tè e nel rivedere le tue opere ritrovo la tua metamorfosi artistica: eri pittore nato, mi piace rivedere il tuo disegno campestre che potrebbe essere dignitosa copertina di una "sesta di Beethoven" da tè tanto amata: come hai potuto cosi ben dipingere la casa di Lamon (di cui, ti assicuro, farò tesoro), le tue nature morte (ma direi non troppo, data la vitalità della loro composizione) gli sfondi che certo apprendesti da maestri del tuo tempo. Ma venne anche per tè la guerra '15-18 che fra le altre cose ti portò, data la tua preparazione musicale, ad essere assunto nella banda con il tuo flauto che ancor oggi gelosamente conservo. Se la vita non ti ha dato figli o mogli stabili, ti ha ripagato con il possesso di tutte le arti più belle: la pittura, la musica e la poesia. La riproduzione di alcuni tuoi quadri e delle tue poesie, unite alle commosse parole dei tuoi amici ed ammiratori, ai giudizi dei critici e ad alcune poesie e racconti del caro Guido danno materia e vita a questo libro dedicato alla tua memoria.
La conquista del colore si personalizza nell'arte difficile dell'acquarello, cosi ben descritta da Enrico Somaré: "Tra il disegno e il dipinto sta l'acquarello e tra il disegnare e il dipingere l'acquarellare, che e quasi un modo di disegnare cromaticamente e di dipingere disegnativamente. La pianta dell'arte produce questo fiore raramente. Anche l'albero di Cézanne dopo i molti frutti pesanti che aveva dato volle tentare di produrlo, ma gli acquarelli cézanniani non hanno ne il profumo ne l'allegrezza di una fioritura: le fibre che li innervano e gli umori che li percorrono sono discontinui; la continuità dell'espressione costituisce il pregio di questo primaverile prodigio". Forse nessuno, o pochi, hanno mai visto o sfogliato i tuoi quaderni di appunti, di studi di volti rudi o gentili, abbozzati con forte espressività; alcuni li hai trasferiti nel quadro o nel più
arduo acquarello, componendo un albo di personaggi caratteristici che tu forse ricercavi negli ambienti, nei luoghi più impensati: facce di dementi, di operai, di contadini, di persone che ti hanno amato o aiutato, come il tuo amico di Adria al quale dedicasti uno dei tuoi bei quadri:"L'alluvione ".
Oppure convegni di persone in osteria o in altro luogo con facce generalmente dure o sofferenti: probabile riflesso dei tuoi stati d'animo, quasi che la tua voluta solitudine fosse procreatrice silenziosa delle tue opere. Caro Silvio, mi sei ancora presente nei giorni delle tue amare vicissitudini: quando ti rifugiasti nella tua soffitta dove il proprietario ti permetteva di dimostrare, dopo aver sacrificato parte della tua casa, venduto o regalato i pochi mobili di inutile ingombro, ma ciò che ti rimaneva era il tuo regno: il comò, l'armadio, due tavoli e i tuoi quadri. D 'estate ricordo che per addormentarti acquistavi una stecca di ghiaccio che accostavi al letto nell'illusione di sminuire la temperatura torrida della soffitta. Al contrario, quando arrivava il freddo, ti accontentavi del tepore della fumogena stufa che accoppiavi ai 10 cm. quadrati del fornello elettrico. Finché venne il giorno che ti trasferisti alla casa di riposo di Cavarzano in Belluno, dove ti venne assegnata una stanzetta tutta tua. Potesti cosi, nei tardi anni, consumare pasti regolari, avere un medico giornaliero (altra tua passione i medici) ritrovare la tranquillità. Nei pochi quadri che producesti si delinea il distacco dalle classiche forme o colori per la scelta tranquilla di toni tenui, coerenti nelle tinte del ciclo soffuso di gradevole ma movimentata luce estiva.
Gli acquarelli, ora liberati dalle forme convenzionali, cercavano motivi eterei, privi di forma, ma cosi trionfanti nel gelido trattamento dei grigi invernali, come i caldi riposati pastelli estivi par-
lavano finalmente un linguaggio diverso. Annullati i colori forti, libravano nello spazio luce soffusa nelle splendide note della tavolozza chiara. Avrei potuto scrivere molto di più ricordando i lunghi anni che mi fosti vicino o le epoche quando, troppo bambino, non potevo comprendere i tuoi stati d'animo, ma mi basta ricordare il tuo volto raggiante le poche volte che ti ho visto a Belluno. Con l'affetto del ricordo, ti pensa tuo nipote.



Giuseppe Bottegal

1 commento:

alfonso ha detto...

Complimenti per la bella storia di vita di Silvio. Mia suocera possiede un acquarello 12x16 che vorrebbe vendere. Chiedo gentilmente se è possibile sapere una quotazione. Grazie . Cordiali saluti Alfonso Lorenzetto